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    I giri di giostra di Mimmo Trischitta

    Raffaella Tamba, Libroguerriero, 29 II 2025

    “1999” di DOMENICO TRISCHITTA (FUORIASSE)

    cliccando sull’immagine a sinistra si accede a un intervento dell’autore su Rai Cultura

    Questa dimora editoriale è un timbro parlante, un ex libris che introduce l’essenza di questo lavoro. Domenico Trischitta ha un curriculum da autore teatrale, drammaturgo, scrittore e giornalista. La sua Sicilia è lo sfondo prevalente delle sue opere ma in questa ha voluto farne un porto di arrivo e di partenze. I luoghi sono protagonisti prima ancora delle persone: le città (Catania, Roma, Nizza, Vienna, Parigi, Siena, Barcellona), le stazioni, i porti, i giardini, i treni, i bus, le case e sono colti come punti di incontro fra i numerosi personaggi che si muovono sulla scena dei vari capitoli. Personaggi che a volte hanno un nome, a volte no, che compaiono una tantum o che ritornano. È come se l’autore si fosse posizionato sulla pagina bianca del foglio – o del monitor del PC – e avesse scritto quello che gli scorreva davanti, riportando i dialoghi ascoltati, descrivendo come narratore esterno ciò che vedeva o trascrivendo il pensiero del personaggio in scena, come narratore in prima persona. Questo espediente narrativo è un fuoco d’artificio di stimoli. Il lettore si perde nel seguire un filo di trama apparentemente ingarbugliatissimo. Voci diverse, narranti e narrate, si avvicendano di paragrafo in paragrafo dando sulle prime un’idea di confusione ma, pagina dopo pagina, catturano l’attenzione come e più della suspense di un giallo o di un thriller. Si percepisce un legame fra i personaggi o lo si crea, diventano quasi co-narratori nelle storie: si cercano i punti in comune, nomi che ritornano, oggetti che collegano (bottiglie d’acqua, pesci, auto, simboli identificativi di un ambiente preciso, elementi comuni e condivisibili). A poco a poco, scorrendo le pagine, si riesce – o si crede di riuscire (la risposta la lasciamo ad ogni singolo lettore) – a trovare il capo del filo conduttore e, a poco a poco, dipanarlo e riavvolgerlo, catturati dalla sorpresa di scoprire che quelli che erano sembrati racconti staccati sono capitoli di romanzo unico, una storia viva e animata di gente, alla Zola.

    Luoghi, persone e tempo. Il tempo, nel confine fra due millenni, è la cornice che racchiude le storie, nella portata simbolica della cifra 1999. Il protagonista del primo capitolo non è in procinto di festeggiare con amici o parenti:

    …è di turno e sta salendo su un treno nella solitudine del lavoro obbligato nell’ultimo giorno dell’anno (solitudine condivisa da tante altre persone ma non per questo meno dolorosa): “Di passeggeri neanche uno, solo il marciare annoiato del controllore, che gli vistò il biglietto indicandogli la sua cuccetta, anche lui gli fece gli auguri con un tono di disprezzo, per colui che osava ricordargli che era di turno mentre tutti si apprestavano a festeggiare l’arrivo del 2000. Il treno si muove incerto, pian piano raggiunge un’andatura normale ed io chiudo gli occhi. Chi l’avrebbe mai detto che sarei stato l’unico spettatore di un viaggio surreale, che si sarebbe lasciato alle spalle un millennio”.

    Lo ritroviamo, sempre alternato ad altre voci, negli ultimi capitoli, che scandiscono in un flashback che parte dal giorno di Natale le tappe della fine del 1999, nella percezione di piccoli istanti – un profumo, un oggetto casalingo, un ricordo, uno sguardo, un saluto – che danno il senso alla vita, che ancorano ad un’esistenza che vale la pensa di essere vissuta.

    Un romanzo corale, si dice, lo dice l’autore stesso nella prefazione: “un romanzo corale che racconta le pulsioni e i dolori di un’umanità precaria che si muove senza sosta. Si trovano tutti in un giro di giostra che non risulta mai appagante, appena una breve sosta e poi si riparte”.

    E nella giostra dell’articolata architettura di parti e capitoli sono presentati i capitoli di una commedia umana universale (Viaggi, Città, Speranze, Illusioni, Certezze, Fine del millennio), si leggono i titoli delle tappe di ciascuno di fronte allo specchio del proprio immaginario: della realtà, dei sogni, del bello, del brutto, del triste, del lieto, della fine che diventa sempre un nuovo inizio.

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