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    Avvocati in crisi

    Claudia Osmetti, Libero Quotidiano, 13 IX 2021

    CRISI DI AVVOCATI IN ITALIA

    La toga appesa al chiodo e una nuova vita, magari nell’amministrazione pubblica. Ché vuoi mettere? Uno stipendio fisso, gli orari insindacabili, meno rogne da sbrogliare: gli avvocati italiani si fanno tentare e lasciano la professione.

    Da Torino, a Napoli, a Bologna: il 2021 è l’anno della “fuga”, delle cancellazioni dall’albo, del lavoro che è in crisi e dei tribunali che vanno a singhiozzo. Il coronavirus, certo, che ha paralizzato mezzo Paese – Giustizia compresa – e che ha ridotto il numero delle cause e dei processi celebrati in presenza.

    Ma poi anche il reddito medio, che nell’ultimo decennio è pure diminuito: e chi l’ha detto che gli avvocati non conoscano la recessione? Nel foro di Modena (che rimane una cittadina di provincia, ma forse, e proprio per questo, è una cartina di tornasole del territorio), solo ad agosto, i legali che se ne sono andati sono stati sei.

    Dall’inizio dell’anno di addii se ne contano però il triplo: se continua così, dice chi in Emilia-Romagna ha il polso della situazione, entro dicembre le cancellazioni supereranno le iscrizioni (ferme a 23). Non era mai successo prima.

    E non c’è mica solo Modena. L’albo di Torino, nei primi sette mesi di quest’anno, ha registrato un ammanco di 276 iscritti e, nel 2020, i praticanti che archiviata la laurea in Giurisprudenza hanno bussato allo studio di turno per iniziare il loro percorso lavorativo sono stati appena 248 (nel 2018 se ne contavano 371).

    C’è un altro numero, tuttavia, in Piemonte, che certifica l’andazzo: durante la pandemia, sotto la Mole Antonelliana, un avvocato su due ha fatto domanda per il bonus da 600 euro del governo, per uscire dall’incertezza di una crisi che si stava già mangiando i faldoni sulla scrivania.

    A Bologna – i dati si fermano a luglio – i nuovi avvocati son stati 121, ma le cancellazioni 78: e di queste più della metà per “incompatibilità”. Che poi vuol dire che 37 ex avvocati bolognesi han deciso di intraprendere una strada diversa, magari in Comune, magari in un ente pubblico.

    «Più che una crisi di vocazione – racconta Italia Elisabetta d’Errico, la presidente del consiglio dell’ordine bolognese, sulle pagine locali del Corsera di qualche settimana fa -, si tratta di una crisi economica in atto da tempo“.

    A Napoli idem (in 70 han chiesto di andarsene); a Roma lo stesso (335 cancellazioni e siamo solo a metà anno); a Bari ancora (qui sono per lo più i giovani ad arrendersi e a chiudere il codice dentro la ventiquattrore).

    Chiariamo, per non cadere nell’equivoco: la professione forense, presa nel suo complesso, è viva e vegeta. Le facoltà di Legge continuano a sfornare corone d’alloro (secondo l’Istat, l’Istituto nazionale di statistica, si laureano in Giurisprudenza quasi 22mila universitari ogni anno), i concorsi di abilitazione non si fermano e il Consiglio nazionale degli avvocati riceve continue domande di iscrizione nei propri elenchi.

    Ché di avvocati entusiasti del proprio lavoro ce n’è, non è questo il punto. Però, adesso, inizia a vedersi anche chi ha deciso di invertire la marcia: e il covid non aiuta. Senza contare la concorrenza (spietata) che i professionisti dei cavilli sono costretti a fronteggiare ogni santissimo giorno.

    In Italia ci sono (ancora) circa 245mila legali, quasi la metà di loro (ossia il 45% del totale) opera e lavora nel Sud e nelle Isole. Lo dicono le tabelle fresche fresche del Censis, l’Istituto di ricerca socio economica: si tratta di una professione al femminile (il 50,03% di chi la esercita è donna: e questo è un sorpasso da non sottovalutare, specie se comparato al fatto che i maschietti in toga guadagnano mediamente 54mila euro all’anno mentre le signore appena 25mila) e l’età media degli iscritti all’albo di categoria è di 48 anni.

    Tanto per capirci: in Francia, che ha una popolazione simile alla nostra, gli avvocati abilitati sono appena 60mila, cioè circa quattro volte dimeno; in Germania, altro Stato equivalente, sono 163mila, quasi la metà dei nostri azzeccagarbugli. Noi abbiamo quattro avvocati ogni mille abitanti: saremo anche più “litigiosi” degli altri cittadini europei, il temperamento mediterraneo, epperò i numeri restano altini.

    Difficile pensare a un ulteriore exploit. In più ci sono i costi della professione: casse previdenziali e quote annuali per gli albi. Vero è che sono esborsi che accomunano tutti i liberi professionisti, ma il risultato (almeno stando ai parziali del 2021) è che il fascino della toga sta iniziando a subire un contraccolpo.

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