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    Il calcio come metafora

    Cinematographe, 13 IV 2019

    Film “Il Campione”

    Il calcio come metafora della vita

    In uscita dal 18 aprile il primo lungometraggio del regista Leonardo D’Agostini “Il Campione” con Stefano Accorsi, Andrea Carpenzano, Ludovica Martino, Mario Sgueglia e Massimo Popolizio. Prodotto da Matteo Rovere e Sydney Sibilia con Rai Cinema.

    Christian Ferro è un talentuoso e giovane calciatore, punta di diamante della Roma. I successi sul campo da calcio però sono direttamente proporzionali alle bravate nella vita di tutti i giorni: festini, risse fuori dai locali, incidenti a bordo di auto lussuose. Una vera e propria rockstar viziata e sregolata che rischia di mettere in cattiva luce l’associazione sportiva: per questo motivo il Presidente del club decide di mettere in riga il goleador assumendo l’insegnate Valerio, al contrario tormentato e schivo, che avrà il compito di fargli superare l’esame di maturità. I due, così diversi e così lontani, troveranno numerosi punti in comune ed entrambi avranno modo di superare i propri limiti.

     Una parabola calcistica universale

    La parabola di una giovane promessa del calcio come più volte ci ha raccontato la realtà: la bravura e la popolarità di Francesco Totti e Cristiano Ronaldo, i colpi di testa e gli eccessi di Mario Balotelli e Antonio Cassano. Ma l’opera prima di Leonardo D’Agostini è molto più che un’epica su un calciatore tutto genio e sregolatezza. Il Campione è un romanzo di formazione che non si rivolge esclusivamente agli amanti del calcio ma che racconta una storia universale di caduta e risalita che può “abbracciare” e appassionare un pubblico molto ampio. È facile, infatti, empatizzare con il giovane e scalmanato Christian Ferro: un ragazzino che ha raggiunto subito l’apice, i milioni, il successo e l’amore spesso non proprio disinteressato di chi lo circonda: gli amici, il procuratore, il mister, la fidanzata, lo stesso padre. Un universo di squali nel quale si muove con ingenuità forte dell’appoggio dei tifosi e del suo naturale talento con il pallone. Nei suoi occhi – quelli vispi ed espressivi del bravo e naturaleAndrea Carpenzano – un dolore grande che si nasconde dietro le Lamborghini, gli eccessi e l’interesse smodato della gente. L’arrivo nella vita di Christian del semplice professore Valerio gli mostrerà come quello sia solo rumore di fondo e che le persone autentiche sono davvero poche.

    Il calcio come metafora della vita

    La storia del cinema è ricca di film che hanno raccontato lo sport sotto numerosi punti di vista: da “Ogni maledetta domenica” di Oliver Stone fino “Million Dollar Baby” di Clint Eastwood e, con le dovute e scontate distanze, “Il Campione” ne coglie in parte lo spirito: l’adrenalina in campo, le aspettative altissime, l’ansia e la tensione di dimostrare “ogni maledetta domenica” di essere sempre il numero uno. Tutto questo sulle spalle di un fragile ragazzino che non sa fare altro che divorare il mondo a modo suo, andando verso l’autodistruzione. Il contraltare è l’insegnate Valerio, interpretato da un “paterno” Stefano Accorsi che rappresenta la normalità in un universo insidioso come spesso sa essere quello calcistico. Un universo che diventa metafora della vita durante la quale è difficile fare sempre la cosa giusta.

    Una regia serrata e adrenalinica, evidente sopratutto nelle curate riprese delle partite in campo, accompagnata da una colonna sonora calzante ed emozionante. Un film attraverso il quale Matteo Rovere e Sydney Sibilia, una parte del nostro migliore giovane cinema – qui in veste di produttori – proseguono con coerenza il loro percorso di scommessa su nuovi talenti puntando su storie universali e appassionanti.

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