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    Confcommercio sul paradosso della tassa rifiuti

    Giulia Cimpanelli. Corriere della sera, 25 VII 2018

    Diminuiscono i rifiuti ma la Tari rincara del 70%

    Lo studio Confcommercio: in sette anni aumento record della tariffa per un totale di quasi 4 miliardi di euro complessivi. Nel 2017 sono stati versati oltre 9 miliardi di euro.

    I rifiuti diminuiscono, ma la Tari aumenta. Sembra un paradosso ma è proprio così. A rilevarlo è l’Osservatorio tasse locali di Confcommercio che ha calcolato un aumento del 70 per cento, per un totale di quasi 4 miliardi di euro complessivi, negli ultimi sette anni.

    Nel 2017 la Tari è arrivata, complessivamente, a 9,3 miliardi di euro, una spesa crescente nonostante la percentuale di raccolta differenziata sia aumentata di oltre il 20 per cento e che il costo di gestione dei rifiuti differenziati (15,12 centesimi di euro al kg) sia circa un terzo rispetto a quello degli indifferenziati (40,79 centesimi al kg). Le regioni, inoltre, «denunciano» una forte disomogeneità anche all’interno dello stesso territorio. Un albergo con ristorante di 1.000 metri quadrati, per esempio, paga 4.210 euro all’anno a San Cesario, in provincia di Lecce, mentre ne paga 7.770 euro all’anno nel capoluogo. Per la stessa attività in provincia di Padova si passa dai 4.189 euro all’anno di Abano Terme ai 5.901 euro all’anno di Padova. «L’indagine ha evidenziato come costi eccessivi e ingiustificati per cittadini e imprese derivino, in particolare, da inefficienza ed eccesso di discrezionalità di molte amministrazioni locali, da una distorta applicazione dei regolamenti e dal continuo ricorso a coefficienti tariffari massimi», commenta Patrizia di Dio, membro di giunta di Confcommercio con delega all’ambiente.

    L’osservatorio, però, considera non solamente la Tari, ma tutta la tassazione locale: «L’inefficienza delle amministrazioni locali — spiegano da Confcommercio — costa a cittadini e imprese un miliardo di euro all’anno a causa del mancato raggiungimento degli obiettivi comunitari di raccolta differenziata (l’Italia è al 52% contro il 65% fissato a livello europeo)». Qual è la soluzione? «Bisogna applicare con più rigore il criterio dei fabbisogni e dei costi standard nel quadro di un maggiore coordinamento tra i vari livelli di governo — aggiunge di Dio —, ma soprattutto è sempre più urgente una profonda revisione dell’intero sistema che rispetti il principio europeo ”Chi inquina paga” e tenga conto delle specificità di determinate attività economiche delle imprese del terziario al fine di prevedere esenzioni o agevolazioni». In poche parole, meno costi e meno burocrazia per liberare le imprese dal peso delle inefficienze locali di gestione.

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