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    Giudici, PM e politica

    Franco Stefanoni, Corriere della sera, 22 IV 2017

    GIUDICI E PM & CANDIDATURE

    Anm sulle toghe in politica: no al rientro in magistratura

    La decisione presa dal comitato direttivo centrale. Il problema reale è il rientro, mentre è inaccettabile qualsiasi divieto e limitazione all’ingresso in politica»

    Chi sceglie la carriera politica non può più svolgere funzioni giurisdizionali. Questa la “linea dura” emersa dalla riunione del comitato direttivo centrale dell’Associazione nazionale magistrati che oggi ha affrontato il tema delle toghe in politica. «Chi fa politica per anni non può più rientrare a svolgere funzioni giurisdizionali – ha evidenziato Alfonso Scermino, esponente di Unicost – dobbiamo far comprendere ai cittadini che i primi a volere una cesura netta tra la politica e la magistratura siamo noi. Se il divieto sembra collidere con il principio contenuto nell’art. 51 della Costituzione, si potrebbe valutare la modifica del Testo costituzionale o, in subordine, prevedere per chi rientra solo funzioni giudicanti civili». Netta è anche la posizione di Giuseppe Marra, del gruppo di Autonomia e Indipendenza: «Il problema si trascina da 25 anni e non è mai stato risolto, anzi si ripresenta sempre in modo più vistoso, come nel caso Emiliano, va risolto in maniera radicale. Chi rientra dalla politica non svolga più funzioni giurisdizionali». Anche per l’esponente di Area, Giovanni Tedesco, «il problema reale è il rientro, mentre è inaccettabile qualsiasi divieto e limitazione all’ingresso in politica». In particolare, Tedesco punta il dito contro la previsione, contenuta nella proposta di legge in discussione in Parlamento, che parla di rientro, in Cassazione, per chi ha fatto politica: «In Cassazione si va per concorso, per titoli, valuta il Csm; non va punito, ma non va premiato, chi fa politica». È di inizio aprile la polemica sul cosiddetto ddl Palma che disciplina, con una stretta, la possibilità di candidature politiche da parte di magistrati. A proposito, il neo presidente dell’Anm, Eugenio Albamonte, aveva detto: «Un sistema che ostacoli troppo l’accesso alla candidatura o il rientro in ruolo alla fine del mandato lederebbe il diritto costituzionale del magistrato, in quanto cittadino, all’elettorato passivo, arrivando all’assurdo per cui proprio il magistrato non potrebbe andare a far parte di un’assemblea parlamentare nella quale invece possono rimanere condannati definitivi con sentenza passata in giudicato».

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